Chi non ha provato almeno una volta un certo malessere dopo aver mangiato in un ristorante cinese? Scopriamo se la colpa è del glutammato. 

Che cos’è il glutammato monosodico



Il glutammato monosodico (codice E621) è il sale sodico dell’acido glutammico, un aminoacido naturale presente in quasi tutti gli alimenti, sia in forma libera sia combinato in proteine. Le aziende alimentari lo utilizzano come esaltatore di sapidità: aggiunto agli alimenti, ne intensifica il sapore. Di glutammato sono ricchi i dadi, le carni in scatola, gli alimenti preconfezionati, le salse e i piatti della cucina orientale.

Scoperto nei primi anni del secolo scorso da Kikunae Ikeda, un chimico di Tokio che lo isolò da un brodo di alghe, viene associato all’umami (in giapponese, "saporito"), un nuovo tipo di gusto percepito dalle papille gustative che si va ad aggiungere ai più noti quattro gusti: dolce, salato, amaro e aspro. Il nostro organismo sviluppa una crescente tolleranza verso questo sapore e, di conseguenza, ha bisogno di assumere quantità sempre maggiori per sentirsi appagato.

Il glutammato è da molti demonizzato, pochi però sanno che in forma libera è presente naturalmente in alcuni alimenti, come il parmigiano e i pomodori essiccati.

Il glutammato monosodico fa davvero male?



Un tempo si pensava che l’uso del glutammato fosse responsabile della Sindrome da ristorante cinese, ma diversi studi hanno dimostrato che i disturbi che insorgono dopo un pasto all’orientale, come il mal di testa, il senso di costrizione al torace e la difficoltà di respirazione, sono in realtà dovuti al consumo sconsiderato di cibi fritti e di condimenti pesanti.

I principali organismi sanitari di controllo, come la FAO e l’WHO, considerano il glutammato monosodico sicuro e gli esperti dell'EFSA consigliano un’assunzione non superiore a 3 mg per chilo di peso corporeo, una soglia difficile da raggiungere.

Non si può neanche dire che il glutammato faccia bene alla salute visto che si trova nella maggior parte dei cibi spazzatura che possono aumentare il rischio di obesità, malattie cardiache e sindrome metabolica.